ANZIANI: QUANDO LA COMPAGNIA DI UN ANIMALE PUÒ ALLUNGARE LA VITA

Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un grande cambiamento della famiglia. Da un’istituzione di tipo patriarcale siamo passati ad una famiglia a nucleo ristretto. Questo significa che se prima era normale che i nonni vivessero in casa con figli e nipoti ora i figli quando si sposano e tendono ad andar via di casa. Inoltre anche il numero di figli messi al mondo si è notevolmente ridotto. Tutto ciò ha portato inevitabilmente a delle importanti conseguenze sociali; infatti è sempre più alto il numero di quegli anziani che si ritrovano soli in tarda età, con i figli lontani o poco attenti alle loro esigenze.

La solitudine è una tra le cause di depressione tra gli anziani; questi si ritrovano a non avere rapporti sociali, tendono sempre più a stare in casa e di conseguenza a muoversi meno, cosa che va a creare non poche ripercussioni sul loro stato fisico e mentale.

E’ in questi casi che la compagnia di un animale può fare la differenza. Oggi molte ricerche hanno dimostrato come la compagnia di un animale domestico può fare molto per migliorare e in taluni casi allungare la vita di un anziano. Infatti dal punto di vista della salute fisica sembra che la presenza di un animale in casa aiuti a diminuire la pressione arteriosa, il colesterolo e i trigliceridi. Inoltre, accarezzare un animale dal pelo morbido (come ad esempio un gattino), magari mentre si è comodamente seduti in poltrona a godersi un po' di relax, aiuta a liberare gli ormoni che provocano uno stato di benessere come la prolattina, la serotonina e l’oxitocina. Avere un animale domestico significa avere qualcuno di cui prendersi cura, stimola l’elasticità mentale e il movimento. Una bella passeggiata per far prendere aria al proprio animale permette infatti di uscire di casa, fare movimento e interagire con le altre persone, tutti degli ottimi antidepressivi.

Certo è che quando si sceglie un animale per una persona anziana bisogna tener conto di alcuni fattori tra cui la responsabilità a cui l’anziano padrone va incontro occupandosi di un altro essere, il costo per il mantenimento e le cure dell’animale e la valutazione degli spazi in cui questo andrà a vivere.

Secondo le ricerche gli anziani quando scelgono un cane solitamente preferiscono un meticcio, preferibilmente di taglia medio piccola. Ai cuccioli, troppo vivaci, sono preferiti gli animali con già qualche anno d’età, solitamente più mansueti e adatti a trascorrere lunghe giornate tranquille e rilassanti insieme ai loro padroni.

Molte persone anziane quando si trovano in una situazione per cui necessitano di cure particolari e sono costrette al ricovero in casa di riposo subiscono il forte trauma di doversi dividere dal proprio animale domestico che nel corso degli anni è diventato come un figlio per loro. A livello legislativo molti paesi non si sono ancora adeguati alle nuove istanze sociali e non permettono a ricoverati di avere accanto i loro piccoli amici.

Da alcuni anni anche da noi in alcuni istituti viene praticata la “pet therapy”. Gli animali vengono utilizzati per aiutare le persone ad affrontare le terapie e come tramite per la comunicazione con gli altri. Infatti attraverso alcune attività le persone con l’aiuto degli animali vengono aiutate ad interagire tra loro e quindi ad accettare determinate situazioni, come una malattia o un impedimento fisico, e a combattere lo stato di isolamento. Anche quando i sensi come la vista e l’udito vengono meno avere la possibilità di stimolare il tatto accarezzando un animale risulta di fondamentale importanza per il benessere psichico della persona.

La scienza ha inoltre dimostrato che l’abbassamento di stress causato dall’interazione con un animale domestico aiuta a rallentare la perdita di memoria e va quindi a completare tutti quei benefici psico-fisici di cui abbiamo precedentemente parlato.

COMUNICAZIONE AUMENTATIVA ALTERNATIVA: strumenti e modalità

La CAA (Comunicazione Aumentativa e Alternativa) è un tipo di comunicazione che va ad integrare, sostituire, aumentare il linguaggio. Non sarebbe corretto parlare solamente di comunicazione alternativa in quanto essa va ad integrarsi con le capacità comunicative della persona e se vi sono presenti dei residui di linguaggio verbale è giusto che questi vengano sviluppati e valorizzati.

Nella pratica clinica la CAA viene utilizzata quando ci si trova in situazioni di disabilità (temporanea o definitiva) del linguaggio. Sappiamo tutti quanto comunicare sia fondamentale nella vita di tutti i giorni per mantenere attivi i rapporti sociali e la vita di relazione nonché per esprimere i propri bisogni primari.

Non poter comunicare può creare frustrazione e isolamento.

La CAA diviene quindi un supporto per chi ha difficoltà nell’esprimersi con il linguaggio verbale e si avvale di diverse tecniche e supporti.

La cosa fondamentale è partire dai bisogni della persona e dallo studio del suo quadro clinico per costruire un percorso personalizzato e valido. Secondariamente è necessario coinvolgere la cerchia dei famigliari e amici, cioè della cerchia relazionale che gira intorno alla persona disabile.

Oggi la CAA permette a molte persone di avere maggiori possibilità educative e socioculturali grazie alle specifiche tecniche di comunicazione che vanno a sopperire le difficoltà di linguaggio.

I risultati non sono immediati, specialmente in soggetti con patologie congenite, e necessitano di lavoro costante e motivazione. Proprio quest’ultima risulta essere una variabile molto importante nella strutturazione di un percorso clinico finalizzato al raggiungimento di un nuovo modo di comunicare.

Gli interventi di Comunicazione aumentativa alternativa vengono rivolti a chi ha diverse patologie, per esempio patologie congenite, acquisite (per esempio ictus, trauma cranico), patologie neurologiche evolutive o condizioni di disabilità temporanea.

Obiettivo principale della CAA non è solo quello di trasmettere contenuti ma anche quello di promuovere le relazioni interpersonali e per fare questo si avvale di diversi strumenti tra cui: software di comunicazione che si utilizzano con il pc, tabelle di comunicazione, VOCAs (Vocal Autput Communication Aids).

Le tabelle sono sicuramente lo strumento più immediato e di facile costruzione. La persona disabile può indicare un simbolo all’interno della tabella (per esempio utilizzando lo sguardo) e quel simbolo rappresenta qualcosa di prestabilito. Le tabelle vengono costruite secondo diversi criteri; innanzitutto si deve tener conto del vocabolario conosciuto dalla persona tenendo conto anche del contesto relazionale in cui userà la tabella e delle sue disabilità fisiche o sensoriali. I simboli riportati nella tabella possono essere disegni che raffigurano l’oggetto che si vuole indicare o simboli.

I VOCAs permettono attraverso dei pulsanti posti su una tastiera di riprodurre un messaggio registrato precedentemente. Su ogni tasto viene applicato un simbolo che rappresenta ciò che si vuole comunicare.

L’impatto sociale di questo strumento è molto forte in quanto permette all’interlocutore di ascoltare il messaggio in modo molto più semplice senza prestare continuamente attenzione ad ogni manifestazione del disabile.

I software di comunicazione sono invece programmi che si utilizzano con il computer e che permettono di riprodurre le tabelle di comunicazione sullo schermo. Ovviamente il vantaggio di questi sistemi è l’infinita possibilità di inserire dati e memorizzare messaggi. Con l’avanzamento inarrestabile della tecnologia questi software sono inoltre in continua evoluzione.

Queste metodologie comunicative vengono anche utilizzate nei bambini che hanno difficoltà nello sviluppo del linguaggio verbale e che quindi necessitano di un supporto che li aiuti a comunicare con gli altri.

La comunicazione rinforzata utilizza i simboli PCS, un insieme già predisposto di simboli che indicano oggetti, pensieri ed emozioni e ad oggi è il più diffuso in Italia.

Libri costruiti utilizzando i simboli PCS permettono anche ai bambini che hanno difficoltà nello sviluppo del linguaggio di scoprire il piacere della lettura e di relazionarsi con gli altri.

LO SPORT VICINO ALLA DISABILITÀ

Il mondo dello sport è un ambito di aggregazione molto importante per individui di tutte le età, dai bambini agli adolescenti fino ad arrivare agli adulti e alle persone anziane.

Attraverso l’attività sportiva la persona raggiunge uno stato di benessere psicofisico, si incontra con i coetanei, scambia informazioni, scarica lo stress accumulato, raggiunge dei traguardi prefissati. Abbiamo parlato di aggregazione, ci colleghiamo ora più precisamente alla parola “integrazione”. E’ giusto infatti che anche in ambito sportivo le persone disabili non vengano discriminate a causa dei loro deficit motori, ma abbiano la possibilità tanto quanto gli altri di esprimere le proprie qualità e competenze.

La storia dell’integrazione di persone disabili in ambito sportivo risale ad un periodo temporale relativamente recente, ci troviamo infatti all’epoca della seconda guerra mondiale.

Sir Ludwig Guttmann, neurochirurgo, aprì un centro a Londra che si occupava della riabilitazione di uomini e donne che avevano subito lesioni midollari durante i conflitti bellici. Egli si accorse di come l’attività sportiva portasse significativi miglioramenti allo stato psicofisico dei suoi pazienti ed inserì quindi a tutti gli effetti l’attività atletica nel percorso di riabilitazione dei suoi pazienti. Nel 1948 a Stoke Mandeville furono organizzati i primi giochi atletici per disabili: quattordici uomini e due donne parteciparono alla disciplina del tiro con l’arco. Anche il cinema dell’epoca non fu indifferente a ciò che stava accadendo, fu girato infatti un filma intitolato “Men” in cui Marlon Brando interpretava un soldato rimasto in carrozzina dopo la guerra che faceva riabilitazione in un centro medico e all’interno della struttura si allenava a basket sulla sedia a rotelle.

E’ però nel 1960 che si fa il salto di qualità quando a Roma in occasione delle Olimpiadi vennero inaugurati i primi Giochi Paralimpici caratterizzati dagli stessi sport delle Olimpiadi per normodotati.

Si sa quanto le parole siano un importante riflesso di ciò che rappresentano perciò soffermiamoci un attimo su sostantivo “para”; inizialmente infatti stava ad indicare il termine “paraplegic”, successivamente invece andò ad indicare la parola “parallel”. Questo ci fa riflettere sul fatto che i Giochi per normodotati e per disabili siano andati col tempo ad integrarsi e costituiscano adesso un unico nucleo all’interno del mondo dello sport.

Lo sport ha un grandissimo valore educativo; i ricercatori confermano oggi che chi fa sport vive più a lungo poiché questo porta ad uno stato di benessere psicofisico completo. L’attività fisica permette inoltre di combattere disturbi come cefalee, stitichezza, problemi ossei e muscolari. Inoltre è un ottimo antidoto contro lo stress in quanto rilascia delle sostanze chiamate “endorfine” che permettono appunto all’organismo di sviluppare quei meccanismi che ci aiutano ad affrontare determinate situazioni.

Tutto questo è ancora più significativo nella persona disabile dove vi è un’integrazione corpo/mente in qualche misura deficitaria da cui scaturisce uno stato psicofisico negativo. L’ attività sportiva in questi casi produce moltissimi benefici sia sul piano fisico che su quello psichico.

Il disabile infatti trova giovamento nello sport migliorando le proprie prestazioni fisiche, la velocità, l’equilibrio, la forza, la coordinazione motoria, ma anche la propria autonomia. Da questo ne consegue dal punto di vista psicologico un miglioramento della proprio stato psichico, una maggiore autostima e quindi un miglioramento significativo della qualità della vita. Le persone disabili che fanno sport partono in qualche modo svantaggiate e gli sforzi che fanno per ottenere dei miglioramenti sono ammirevoli e meritevoli quindi di stima e gratificazione.

Chi ha una disabilità fisica compete soprattutto per vincere, per riscattarsi dai propri limiti e partecipare alle Paralimpiadi è una grandissima soddisfazione, ma anche chi compete a livelli più modesti ne trae grandissima realizzazione in quanto lo sport in questi casi spesso non viene vissuto nel suo aspetto fisioterapico ma in tutti i suoi aspetti ludico-agonistici.

VOLARE IN CARROZZINA: LINEE GUIDE PER I DISABILI CHE VIAGGIANO

L’estate è tempo di riposo ma anche di vacanze e di viaggi.

Viaggiare è importante per vari motivi; oltre che rilassare la mente e il corpo permette di scoprire luoghi sconosciuti e raggiungere mete prefissate.

Questo dovrebbe essere possibile per tutti, quindi anche per tutte quelle persone che hanno difficoltà di mobilità o patologie particolari.

In particolare oggi vogliamo fare un po' di chiarezza e definire qualche linea guida per chi vuole partire per le vacanze viaggiando in aereo e ha la necessità di spostarsi in carrozzina o con altri ausili alla mobilità.

La legge oggi tutela i diritti dei disabili che vogliono viaggiare in aereo e definisce delle disposizioni ben chiare che tutte le compagnie aeree devono seguire, con alcune eccezioni o particolarità secondarie che la compagnia ha il dovere di specificare nel proprio regolamento.

Il desiderio di creare un piccolo vademecum per la persona viaggiante nasce dalla consapevolezza che ancora oggi capita che le persone disabili e in carrozzina si vedono negato il diritto di viaggiare sull’aereo o annullata la prenotazione senza motivi ben precisati o che molti rinuncino addirittura a prenotare perché convinti di non poter usufruire del mezzo aereo.

Iniziamo col dire che per legge nessuna compagnia aerea può rifiutare la prenotazione di una persona perché disabile o comunque con difficoltà motorie o intellettive.

Detto ciò sussistono delle eccezioni giustificabili solo con la salvaguardia della sicurezza e la tutela della persona stessa, ma sono appunto delle eccezioni.

La nuova Direttiva Europea prevede che ogni compagnia aerea disponga di un piano di assistenza speciale per persone con varie difficoltà di mobilità o patologie particolari (come ad esempio le persone diabetiche).

Per usufruire di questi servizi è necessario informare la compagnia aerea almeno 48h prima della partenza in modo che questa possa adoperarsi per avvertire i vari aeroporti e organizzare il personale. E’ infatti necessario che il protocollo speciale sia seguito dall’inizio del viaggio all’aeroporto di partenza, durante il viaggio, fino all’aeroporto di arrivo.

Nel caso la compagnia aerea rifiutasse la prenotazione per motivi particolari (per esempio le dimensioni dell’aereo non permettono fisicamente l’imbarco del disabile) è tenuta ad avvertire entro cinque giorni lavorativi.

Il nostro consiglio è quello di visitare il sito internet della compagnia aerea scelta per viaggiare e verificare il regolamento specifico per non trovarsi impreparati e poter esercitare tutti i propri diritti.

Per quanto riguarda il trasporto di ausili alla mobilità è possibile imbarcarne 2 gratuitamente specificando per questioni di sicurezza le caratteristiche dell’ausilio stesso (come ad esempio dimensioni della carrozzina, tipo di batteria se si tratta di carrozzine elettriche, ecc.).

Per quanto riguarda il personale di assistenza è possibile richiedere, sempre gratuitamente, di essere seguiti se necessario da personale predisposto durante il check-in e in tutte le operazioni seguenti.

Alcune compagnie aeree richiedono l’imbarco della carrozzina già in questa fase, mettendo a disposizione una carrozzina sostitutiva per spostarsi fino all’aereo. Una volta saliti è possibile usufruire di sedie a rotelle di minori dimensioni per spostarsi dal sedile alla toilette in autonomia, e una volta atterrati la compagnia farà in modo di far trovare una carrozzina ad attendere la persona all’uscita dell’aereo.

Per far sì che tutto il protocollo venga eseguito senza intoppi è necessario presentarsi in aeroporto almeno 2 h prima della partenza.

Per quanto riguarda il trasporto di medicinali o bombole di ossigeno, ogni azienda specifica le quantità permessa (che solitamente corrisponde alle dosi necessarie per il viaggio di andata, la vacanza e il viaggio di ritorno). Alcune compagnie aeree hanno a disposizione distributori di ossigeno che possono garantire però l’ossigenazione a una sola persona per volo; è necessario quindi informarsi bene della disponibilità del posto se si necessità di questo servizio.

Per quanto riguarda persone accompagnate da cani da guida, queste hanno il diritto di viaggiare con il proprio animale secondo le modalità previste dalla compagnia stessa. Alitalia per esempio consiglia di portare con sé un’imbragatura e una museruola qualora il comandante ne ritenesse necessario l’uso durante il decollo per motivi di sicurezza.

Talvolta è necessario portare con sé il MEDIF (Medical Information Form), con modulo scaricabile dai siti delle compagnie aeree, cioè un certificato redatto dal proprio medico curante che definisce lo stato di salute del passeggero con tutte le specifiche del caso.

Ad oggi grazie alle normative vigenti è possibile quindi viaggiare tranquillamente in aereo sia in carrozzina che in barella che con accompagnatori (animali da guida o persone); la cosa importante è avvertire con anticipo la compagnia e leggere con attenzione il regolamento specifico per far sì che i propri diritti vengano rispettati e si possa usufruire quindi di tutti i servizi e le agevolazioni del caso, come l’imbarco prioritario e i parcheggi riservati nelle vicinanze dell’ingresso dell’aeroporto.