LO SPORT VICINO ALLA DISABILITÀ

Il mondo dello sport è un ambito di aggregazione molto importante per individui di tutte le età, dai bambini agli adolescenti fino ad arrivare agli adulti e alle persone anziane.

Attraverso l’attività sportiva la persona raggiunge uno stato di benessere psicofisico, si incontra con i coetanei, scambia informazioni, scarica lo stress accumulato, raggiunge dei traguardi prefissati. Abbiamo parlato di aggregazione, ci colleghiamo ora più precisamente alla parola “integrazione”. E’ giusto infatti che anche in ambito sportivo le persone disabili non vengano discriminate a causa dei loro deficit motori, ma abbiano la possibilità tanto quanto gli altri di esprimere le proprie qualità e competenze.

La storia dell’integrazione di persone disabili in ambito sportivo risale ad un periodo temporale relativamente recente, ci troviamo infatti all’epoca della seconda guerra mondiale.

Sir Ludwig Guttmann, neurochirurgo, aprì un centro a Londra che si occupava della riabilitazione di uomini e donne che avevano subito lesioni midollari durante i conflitti bellici. Egli si accorse di come l’attività sportiva portasse significativi miglioramenti allo stato psicofisico dei suoi pazienti ed inserì quindi a tutti gli effetti l’attività atletica nel percorso di riabilitazione dei suoi pazienti. Nel 1948 a Stoke Mandeville furono organizzati i primi giochi atletici per disabili: quattordici uomini e due donne parteciparono alla disciplina del tiro con l’arco. Anche il cinema dell’epoca non fu indifferente a ciò che stava accadendo, fu girato infatti un filma intitolato “Men” in cui Marlon Brando interpretava un soldato rimasto in carrozzina dopo la guerra che faceva riabilitazione in un centro medico e all’interno della struttura si allenava a basket sulla sedia a rotelle.

E’ però nel 1960 che si fa il salto di qualità quando a Roma in occasione delle Olimpiadi vennero inaugurati i primi Giochi Paralimpici caratterizzati dagli stessi sport delle Olimpiadi per normodotati.

Si sa quanto le parole siano un importante riflesso di ciò che rappresentano perciò soffermiamoci un attimo su sostantivo “para”; inizialmente infatti stava ad indicare il termine “paraplegic”, successivamente invece andò ad indicare la parola “parallel”. Questo ci fa riflettere sul fatto che i Giochi per normodotati e per disabili siano andati col tempo ad integrarsi e costituiscano adesso un unico nucleo all’interno del mondo dello sport.

Lo sport ha un grandissimo valore educativo; i ricercatori confermano oggi che chi fa sport vive più a lungo poiché questo porta ad uno stato di benessere psicofisico completo. L’attività fisica permette inoltre di combattere disturbi come cefalee, stitichezza, problemi ossei e muscolari. Inoltre è un ottimo antidoto contro lo stress in quanto rilascia delle sostanze chiamate “endorfine” che permettono appunto all’organismo di sviluppare quei meccanismi che ci aiutano ad affrontare determinate situazioni.

Tutto questo è ancora più significativo nella persona disabile dove vi è un’integrazione corpo/mente in qualche misura deficitaria da cui scaturisce uno stato psicofisico negativo. L’ attività sportiva in questi casi produce moltissimi benefici sia sul piano fisico che su quello psichico.

Il disabile infatti trova giovamento nello sport migliorando le proprie prestazioni fisiche, la velocità, l’equilibrio, la forza, la coordinazione motoria, ma anche la propria autonomia. Da questo ne consegue dal punto di vista psicologico un miglioramento della proprio stato psichico, una maggiore autostima e quindi un miglioramento significativo della qualità della vita. Le persone disabili che fanno sport partono in qualche modo svantaggiate e gli sforzi che fanno per ottenere dei miglioramenti sono ammirevoli e meritevoli quindi di stima e gratificazione.

Chi ha una disabilità fisica compete soprattutto per vincere, per riscattarsi dai propri limiti e partecipare alle Paralimpiadi è una grandissima soddisfazione, ma anche chi compete a livelli più modesti ne trae grandissima realizzazione in quanto lo sport in questi casi spesso non viene vissuto nel suo aspetto fisioterapico ma in tutti i suoi aspetti ludico-agonistici.

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